Che cos'è il sistema di prezzo marginale dell'energia?
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Il sistema di prezzo marginale dell'energia è il meccanismo delle borse europee per fissare il valore dell'elettricità. Nasce in Gran Bretagna nel 1989 con l'obiettivo di incentivare l'energia prodotta dalle fonti rinnovabili che, seppur più pulita ed efficiente, rispetto all'energia di origine fossile (carbone, gas), non era in grado di competere con i prezzi più bassi dell'energia prodotta dalle fonti fossili.
Ma all'interno dell'attuale scenario energetico, la situazione si è completamente capovolta. Infatti con l'impennata dei prezzi del gas e il phase-out del carbone, è proprio l'energia prodotta dalle fonti fossili a gravare negativamente sui costi finali dell'energia elettrica. Per questo motivo in sede europea si discute di come cambiare il sistema di prezzo marginale.
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Come funziona il sistema di prezzo marginale?
Il modello su cui si basa il mercato dell'energia elettrica in Italia e in Europa si chiama sistema di prezzo marginale o pay-as-clear. Ogni giorno, i diversi produttori di energia dichiarano quanta elettricità potrebbero produrre il giorno seguente, ora per ora, e a quale prezzo. In Italia il GME - il Gestore dei Mercati Energetici che dal 2004 gestisce la Borsa elettrica nazionale - inizia a raccogliere l'elettricità dai produttori sulla base delle stime del fabbisogno energetico, partendo da quelli che hanno dichiarato i prezzi più bassi. Una volta esaurita la capacità delle centrali con costi di produzione più bassi, si passa a quelle che forniscono energia a un costo superiore, andando via via a salire fino a soddisfare completamente la domanda di energia nazionale. Alla fine, i diversi produttori vengono pagati secondo il prezzo dell'ultima offerta accettata, il cosiddetto prezzo di equilibrio (o prezzo marginale), che però è anche il più alto.
Qual è il peso del gas sul sistema di prezzo marginale?
Oggi, le centrali che forniscono elettricità a basso costo – e che quindi entrano sempre in funzione per coprire il fabbisogno nazionale – sono quelle che producono energia da fonti rinnovabili: non dovendo provvedere all'acquisto dell'energia primaria, le spese riguardano esclusivamente i costi di gestione operativi e sono svincolate dalle oscillazione del mercato. Dopo eolico e solare, entrano in funzione le centrali che producono energia a prezzi più alti secondo lo schema seguente:
- elettricità prodotta da fonti rinnovabili (eolico e solare).
- energia prodotta dall’acqua;
- energia nucleare (importata);
- energia prodotta da combustibili fossili (carbone, gas e olio combustibile).
Al polo opposto rispetto alle rinnovabili, ci sono dunque le centrali termoelettriche a gas: per poter funzionare, quest'ultime devono acquistare una materia prima che, a causa del conflitto russo- ucraino e dell'aumento della domanda di energia post lockdown, ha visto schizzare il proprio costo. Per le caratteristiche del sistema di prezzo marginale spiegato finora, anche i produttori che forniscono energia a costi più bassi finiscono per essere pagati quanto quelli che la producono a partire dal costosissimo gas.
Come è nato il sistema di prezzo marginale dell'energia?
Il sistema di prezzo marginale nasce in un contesto energetico completamente differente rispetto all'attuale. Venne elaborato in Gran Bretagna nel 1989, con l'obiettivo di favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili. Sebbene, infatti, queste centrali non dovessero sostenere la spesa per l'acquisto di energia primaria, all'epoca i costi di impianto erano così elevati che finivano per renderle fuori mercato. Il sistema di prezzo marginale era dunque stato studiato per favorire l'inclusione delle fonti rinnovabili nel mix energetico giornaliero.
Perché si parla di rivederlo?
Finché la maggior parte dell'offerta era rappresentato dalle centrali a carbone e a gas, il meccanismo pay-as-clear ha retto. Ma nell'attuale scenario, con i combustibili fossili non più economici e accessibili come allora e il phase-out del carbone, il sistema di prezzo marginale inizia a scricchiolare e i suoi effetti positivi sono stati assorbiti dalla decuplicazione del prezzo del gas. Ciò finisce per far pagare al consumatore finale una cifra più alta per un'elettricità che costerebbe molto meno come quella da fonti rinnovabili, che proprio in virtù di questo non necessiterebbe di tutele per essere maggiormente competitiva e conveniente rispetto ai combustibili fossili. Per questo, i vertici europei vorrebbero rivedere il meccanismo con cui viene fissato quotidianamente il prezzo dell'elettricità e superarne i limiti.
Quali sono le possibili soluzioni?
Per proteggere famiglie e imprese dall'instabilità del mercato, a Bruxelles si discutono le soluzioni per ammortizzare il rincaro: tra queste c'è anche il tetto al prezzo del gas o Price Cap. Con questa espressione si intende l'operazione di fissare un tetto massimo al gas importato dalla Russia: si tratta dunque di un massimale di prezzo entro il quale i Paesi potrebbero continuare ad acquistare gas dall'oleodotto russo, purché il prezzo non superi il limite economico individuato.
Questa misura è stata fortemente caldeggiata dall'ex Presidente del Consiglio Mario Draghi, ma intorno a essa il dibattito a Bruxelles è stato piuttosto acceso. Paesi come la Germania si sono dimostrati reticenti ad accettarne l'introduzione, preoccupati che questa misura potesse mettere a rischio l'approvvigionamento energetico degli stati ancora fortemente dipendenti dal metano russo. La quadra sembra che sia stata trovata intorno alla proposta di un tetto del gas dinamico e temporaneo: non un prezzo fisso, ma una forbice entro il quale il costo del gas possa oscillare a seconda dell'andamento globale del mercato del gas. Ma sull'accordo di massima raggiunto dovrà poi svilupparsi la chiara strategia europea, prima che gli effetti del Price Cap possano riflettersi anche sulle bollette.
“Nelle prossime settimane la Commissione e i ministri europei dell’energia finalizzeranno i dettagli di questi accordi, in modo da essere operativi il più presto possibile. Dopo questo accordo il prezzo del gas è già sceso, a dimostrazione che negli aumenti finora registrati c’era una forte componente speculativa”.
Prezzo del gas, il disaccoppiamento dal prezzo della luce
Nel frattempo, di fronte all'impennata dei prezzi del gas, i Paesi europei hanno previsto diversi provvedimenti per alleggerire le bollette dei consumatori. L'Italia si è mossa in anticipo rispetto al resto d'Europa anche nella direzione di un disaccoppiamento del prezzo dalla luce da quello del gas. Il Decreto Energy Release, misura pubblicata il 10 ottobre 2022 dal Ministero per la Transizione Ecologica durante il Governo Draghi, prevede la vendita di energia elettrica a prezzi calmierati a specifiche categorie:
- clienti industriali interrompibili;
- PMI;
- utenti delle principali isole (Sicilia e Sardegna) che partecipano al servizio di interrompibilità.
Il decreto ministeriale dedica 18 terawattora, con una mediazione del GSE, alla categoria industriale delle interrompibili a un prezzo controllato di 210 euro a megawattora, in un momento in cui l’elettricità ha raggiunto il prezzo di oltre 450 €/MWh.
Una boccata di ossigeno per le imprese energivore - cioè quelle che per alimentare la propria produzione consumano grandi quantità di energia – che potrebbero vedere una riduzione del costo in bolletta. Quello del disaccoppiamento del prezzo dell'energia elettrica da quello del gas resta un tema caldo anche sul tavolo Bruxelles, come ha confermato anche la ministra francese dell'Industria Agnès Pannier-Runacher:
"Il disaccoppiamento del prezzo del gas e dell'elettricità è vincente per tutta l'Ue se viene applicato da tutti i Paesi, ed è per questo che continueremo a lavorare su questo".