Rinnovabili in pericolo: gas e carbone ostacolano lo sviluppo

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Quali sono le migliori offerte luce e gas di oggi, 17/05/2025?

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gas e carbone contro energia rinnovabili
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Nel 2024 si è registrato il tasso di crescita delle rinnovabili più alto di sempre a livello mondiale con 585 GW di potenza installati, di cui 70,1 GW solo in Europa. L'obiettivo di abbassare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 sembrerebbe raggiungibile. Ci sono però delle questioni che potrebbero rimettere tutto in discussione: la guerra dei dazi tra USA e Ue, dove il GNL è diventato merce di scambio, e la ricomparsa all'orizzonte delle centrali a carbone.

L'Unione europea sogna un futuro più "pulito", libero dai gas a effetto serra e dalla crisi climatica. Entro il 2030 si intende abbassare le emissioni del 55%, per correre poi verso la neutralità: l'Europa vorrebbe diventare il primo continente a impatto climatico zero. L'obiettivo è attualmente fissato per il 2050.

I risultati raggiunti durante l'anno passato hanno fatto ben sperare: nel 2024 in Europa sono stati installati 70,1 GW di potenza da energie rinnovabili. A condurre la classifica la Germania, che da sola ha impiantato 18,8 GW. Ma il successo o meno del Green Deal, il piano europeo per contenere le emissioni di gas a effetto serra, dipenderà dalle scelte future. All'orizzonte si intravedono dei pericoli che potrebbero cambiare le sorti del progetto.

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Dazi: perché Trump sta usando il GNL come merce di scambio

In un nostro recente articolo, abbiamo già parlato di quanto sia importante attualmente il GNL americano per l'Ue, al punto che Donald Trump sembrerebbe aver incentrato su questo aspetto gran parte della strategia sui dazi verso l'Europa. Ecco cosa ha detto ai giornalisti, presenti alla Casa Bianca, quando è iniziata la contrattazione con Ursula Von der Leyen, la presidente della Commissione europea:

"Abbiamo un deficit di 350 miliardi di dollari con l'Unione europea e scomparirà rapidamente. Uno dei modi in cui questo deficit può scomparire facilmente e rapidamente è che dovranno acquistare energia da noi. Possono comprarla, e noi possiamo tagliare 350 miliardi di dollari in una settimana. Devono acquistare e impegnarsi ad acquistare una quantità di energia equivalente".

L'Ue potrebbe quindi mettere uno stop definitivo alla guerra sui dazi, accettando di firmare dei contratti a lungo termine per l'acquisto di GNL. I numeri riportati da Trump non sembrano però trovare conferma da parte dell'Europa. Come riportato in un articolo di QualEnergia, la Commissione Ue ha dimostrato di:

  • esportare più beni di quanti ne importa dagli USA (503 miliardi contro 347 miliardi di euro);
  • importare dagli Stati Uniti più servizi di quanti ne esporta (427 miliardi contro 319 miliardi di euro).

Inoltre la domanda di gas in Europa si è ridotta del 18% tra il 2021 il 2024, un elemento che rende ancora meno appetibile la proposta di Donald Trump.

Il gas liquefatto è stato però argomento di discussione anche durante l'incontro della scorsa settimana con la premier italiana, Giorgia Meloni. L'Italia infatti dovrebbe aumentare le sue importazioni di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti. Nel breve periodo, a causa della mancanza di infrastrutture adeguate, le importazioni potranno senza dubbio aumentare di poco. La costruzione e il mantenimento degli impianti di rigassificazione, inoltre, hanno dei costi elevati, che potranno essere smaltiti nel corso di decenni.

Quali effetti porterebbe la crescita delle importazioni sulle bollette degli italiani?

Il costo del GNL dipenderà dall'andamento del mercato complessivo e quindi non è al momento valutabile con estrema precisione. Gli esperti, però, si sono lanciati già in qualche analisi. Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, per esempio, un aumento dell'1% delle importazioni potrebbe portare alla stabilizzazione dei prezzi e a un abbassamento delle bollette degli italiani fino al 10% per il prossimo inverno.

Ovviamente rimane vero che "di doman non v'è certezza". L'unico modo per salvarsi dalla volatilità del mercato attualmente è attivare una tariffa di metano a prezzo fisso: chiama il numero 02 9475 5339 02 9475 5339prendi un appuntamento per parlare con un esperto di Selectra.net. Ti auteremo ad attivare la soluzione giusta per te.

Ma perché insistere tanto per aumentare la vendita di GNL, visto che gli USA risultano già essere i primi esportatori in Italia e in Europa? Il think tank italiano per il clima, ECCO, ha fornito un'interessante interpretazione: le azioni di Trump sarebbero in realtà finalizzate a ostacolare la prosecuzione del piano europeo di decarbonizzazione.

"Più del 50% dell’export commerciale americano in Europa consiste in prodotti fossili, di combustibili o tecnologie di uso finale: petrolio greggio, prodotti petroliferi, motori, aviazione e gas. Settori fortemente esposti alla transizione climatica sostenuta dagli accordi globali siglati a Parigi e da cui l’amministrazione repubblicana si vuole chiamare fuori. Il Green Deal rappresenta una seria minaccia alle realtà americane che più esportano in Europa e che hanno sostenuto la campagna elettorale di Trump. Attraverso il Green Deal, l’Europa, grazie alla disponibilità di nuove tecnologie pulite e in particolare delle rinnovabili, sta costruendo la propria indipendenza, sicurezza energetica e competitività attraverso la progressiva sostituzione della dipendenza dalle fonti fossili".

Giulia Signorelli e Matteo Leonardi di ECCO, da un articolo di La Repubblica.

Pensiamo quindi a un settore come quello automobilistico: gli obiettivi di decarbonizzazione impongono la graduale sostituzione delle macchine "normali" con quelle "elettriche". Gli USA sono leader nella produzione di mezzi di lusso, come quelli del brand Tesla, ma non raggiungono gli stessi livelli quando parliamo di automobili green appartenenti a un target medio-basso. In questo campo l'industria cinese così come quella europea sembrano avere una marcia in più. Trump quindi spera di rallentare questo processo di transizione che lo porterebbe a perdere nel tempo una grossa fetta di mercato.

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Il ritorno all'orizzonte del carbone

La richiesta di acquisto di maggiori carichi di GNL non è l'unico ostacolo che il Green Deal sta trovando sul suo cammino: nelle ultime settimane sta tornando al centro del dibattito anche il carbone.

Attualmente in Italia ci sono 5 centrali attive, di cui:

  • 2 sono sulla Penisola e sono di proprietà dell'Enel (sono situate in Puglia a Brindisi e nel Lazio a Torrevaldaliga Nord);
  • le altre in Sardegna nei comuni di Fusina, Sulcis e Fiumesanto.

Con la chiusura della centrale di Monfalcone, è iniziato il graduale processo di dismissione/trasformazione delle centrali dello Stivale che verrà completato entro gennaio 2026. Secondo un recente rapporto di Terna, "le azioni già messe in atto e pianificate sono adeguate ad abilitare il phase-out delle centrali a carbone ancora in esercizio sul Continente". 

Come viene mostrato in questo grafico, di fatto dal 2024 le centrali situate sulla penisola italiana sono rimaste praticamente inutilizzate:

utilizzo centrali a carbone in italia dal 2019 al 2024
L'immagine mostra quanto è cambiata la produzione delle centrali a carbone tra il 2019 e il 2024.

Secondo quanto riportato da un articolo di Staffetta Quotidiana, lo scorso anno le centrali di Brindisi e Torrevaldaliga avrebbero funzionato solo per poche ore, con l'obiettivo di smaltire le scorte di carbone ed evitare il rischio di una loro autocombustione.

Discorso diverso per la Sardegna, dove le centrali a carbone sono ancora importanti per garantire la sicurezza energetica dell'area. Nonostante questo, le prime operazioni di phase-out verranno iniziate proprio nel corso del 2025, ma bisognerà aspettare almeno il 2028 per dire addio a questo combustibile fossile.

Con grande sorpresa, però, durante il convegno organizzato dalla Lega dal nome "Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte", sono arrivate alcune perplessità sul progetto di chiusura.

Flavio Cattaneo, amministratore delegato di Enel, ha sottolineato che si tratta di impianti "perfettamente funzionanti", avvallando la possibilità di rallentare il processo di chiusura per garantire una maggiore stabilità dei mercati e sicurezza energetica.

L'ad di Enel ha trovato l'appoggio anche del suo corrispettivo in Eni, Claudio Descalzi, che finora aveva sempre mostrato di preferire l'utilizzo del gas a quello del carbone.

Inquina maggiormente il gas naturale o il carbone?

Il metano ha un impatto climalterante 85 volte maggiore rispetto a quello della CO2, ma resta in atmosfera per un periodo inferiore (circa 10-15 anni). Il carbone produce grandi quantità di anidride carbonica solo durante la combustione, ma a differenza del primo questo gas ha un tempo di permanenza in atmosfera di migliaia di anni.

Per questo possiamo dire che entrambe le fonti sono fortemente inquinanti: il gas naturale produce degli effetti più forti nel breve-medio termine, mentre il carbone contribuisce all'aumento di CO2 più nel lungo periodo.

L'ad di Eni avrebbe messo in evidenza un altro aspetto:

"I data center stanno funzionando dove ci sono bassi costi, questo te lo consente solo il nucleare, il gas e il carbone. Non possiamo fare grandi salti in intelligenza artificiale e non pensare a quello che serve per alimentarla".

L'Italia sta ovviamente lavorando a grossi investimenti per permettere lo sviluppo di questa tecnologia, assolutamente necessaria oggigiorno. Per citare il ministro dei Trasporti e leader della Lega, Matteo Salvini, bisognerebbe evitare il rischio di "tagliarsi un pezzo di futuro".

Altrettanto valide sono però le opinioni delle associazioni ambientaliste Wwf, Greenpeace, Legambiente e Kyoto Club che in una nota congiunta hanno ricordato l'alto potere climalterante e inquinante del carbone.

"Ѐ inaccettabile che nel 2025 ancora si proponga il carbone come parte del mix energetico, e sarebbe davvero una pessima, pessima figura per il Governo italiano tornare indietro rispetto alla decisione assunta".

Sarà stato in parte d'accordo anche il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin che infatti ha deciso di tenere le centrali in stand-by, confermando lo stop alla produzione, ma non variando la loro funzione al momento:

"Il quadro geopolitico è ancora tale che nessuno è in grado di garantirci che il gas non arrivi a 70 € al MWh, o che non ci siano disfunzioni nelle pipeline che ci forniscono. In quel caso, avendo lì le centrali a carbone, in questo momento ferme perché non è conveniente farle produrre, si ha una valvola di riserva".

In via definitiva, più che di un vero "addio" al carbone sembrerebbe trattarsi ancora purtroppo di un "arrivederci".

Cosa puoi fare tu per partecipare al processo di decarbonizzazione?

Sapevi che gran parte delle emissioni di CO2 deriva dalla produzione di energia elettrica? Secondo uno studio dell'ISPRA del 2023, a 1 kWh di elettricità prodotto da fonti fossili corrispondono 0,256 kg di CO2.

Scegliere quindi delle offerte che usano energia green è già un piccolo passo verso il cambiamento. Selectra.net è molto vicina alla questione ambientale e per questo collabora con fornitori di luce e gas che condividono gli stessi valori.

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