Parte il piano per il phase out del gas russo: tutti favorevoli, o quasi

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Phase out Russia.
L'Unione Europea studia le tappe per separarsi dal gas russo: come verrà gestito il processo?

L’Unione Europea cerca di slegarsi definitivamente dalle importazioni di gas e petrolio provenienti dalla Russia. 25 Paesi membri si dicono favorevoli, ma c’è chi è contrario: tra tutti, Slovacchia e Ungheria.

Fin dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, per i paesi dell’Unione europea è emersa la problematica legata agli approvvigionamenti di metano. Ci si trovava a condannare l’operato di un Paese – quello guidato da Vladimir Putin – che, allo stesso tempo, risultava per molti Stati il principale fornitore di gas naturale. Un’evidente contraddizione che si è trascinata fino a oggi e che, stando alle ultime iniziative Ue, potrebbe chiudersi grazie all’operazione di phase out, mirata al distacco definitivo dalle forniture di Mosca. 

Sul tema, i Paesi del Vecchio Continente si dimostrano concordi, a parte alcune eccezioni che stanno rallentando di molto il processo. Vediamo di capirci di più.

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L’Europa “disattiva” il rubinetto del gas russo

Nel comunicato ufficiale diffuso sul sito della Commissione europea, la presidente Ursula von der Leyen non ha usato mezzi termini per descrivere l’operazione di phase out:

“La Russia ha ripetutamente tentato di ricattarci armando le sue forniture energetiche. Abbiamo preso misure chiare per spegnere il rubinetto e porre fine all'era dei combustibili fossili russi in Europa per sempre”.

Ursula von der Leyen – comunicato “La Commissione propone l'eliminazione graduale delle importazioni russe di gas e petrolio nell'UE”.

L’obiettivo, nel concreto, è fermare in maniera graduale e progressiva l’importazione di gas e petrolio dalla Russia entro il 2027. I vantaggi ottenibili da questa operazione sono sostanzialmente due:

  1. diminuzione dei rischi per la sicurezza economica dovuti alla dipendenza energetica da Mosca;
  2. rafforzamento della competitività e dell’indipendenza energetica dell’Eurozona.

I traguardi prefissati dovranno essere raggiunti preservando la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, così da limitare ogni impatto su prezzi e mercati nazionali. Come si può fare tutto ciò?

Le tappe del processo di phase out

Gli obiettivi del piano di phase out, mirati all’“eliminazione graduale e coordinata dei combustibili fossili russi”, dovrebbero concretizzarsi come segue:

  • a partire dal 1° gennaio 2026, verranno vietate le importazioni di gas russo;
  • le operazioni dei contratti a breve termine già esistenti saranno bloccate entro il 16 giugno 2026, a eccezione delle strutture che servono i Paesi senza sbocco sul mare e collegati a contratti a lungo termine. Questi ultimi, difatti, saranno consentiti fino alla fine del 2027;
  • le importazioni legate a contratti a lungo termine verranno interrotte non più tardi del 2027;
  • per il 2028, tutte le forniture rimanenti dovranno essere terminate.

In termini ancora più pratici, ciò significa che un terzo delle importazioni dalla Russia dovrà essere interrotto già da quest’anno.

In aggiunta, saranno vietati anche i contratti a lungo termine per i servizi di trasporto GNL (gas naturale liquefatto) per i clienti provenienti dalla Russia o controllati da imprese russe. Così facendo, si dovrebbe garantire che la capacità dei terminali predisposti alla ricezione di gas liquido possa essere indirizzata verso altri fornitori in tempi brevi. I vari attori chiamati in causa dovranno inoltre sottostare a precise condizioni e pratiche comunicative. In particolare:

  • le imprese titolari di contratti di fornitura del gas russo devono fornire tutte le informazioni sulla propria attività alla Commissione europea;
  • gli importatori di gas russo sono tenuti a trasmettere alle autorità doganali i dettagli necessari a identificare e confermare il percorso del metano, dalla sua origine al punto di destinazione in Europa.

Come incideranno queste mosse sul prezzo delle offerte gas? 

Difficile dirlo già da ora: in un’epoca di incertezza, però, potresti affidarti alle tariffe luce e gas a costo fisso, che bloccano il prezzo delle utenze per 12 o 24 mesi.

Il piano è pronto: perché non si è ancora partiti?

La roadmap descritta a grandi linee nel paragrafo precedente deve essere condivisa dagli Stati membri per poter essere messa in atto. Al momento, però, non è così. 25 Paesi hanno dato la loro disponibilità, mentre due – Slovacchia e Ungheria – si oppongono apertamente, e altri rimangono su posizioni intermedie. Perché tutto ciò? Secondo i report del Center for the Study of Democracy e del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), si tratterebbe di decisioni strettamente politiche:

  • 🇸🇰 la Slovacchia (così come l’Ungheria) avrebbe la possibilità di trovare soluzioni alternative, in particolare l’oleodotto Adria per quanto riguarda il petrolio e il GNL da Stati Uniti e Qatar. Secondo esponenti del Governo di Bratislava, però, l’intera operazione di phase out non sarebbe altro che un nuovo pacchetto di sanzioni verso la Russia “travestito” da iniziativa comunitaria;
  • 🇭🇺 l’Ungheria ha addirittura aumentato la sua dipendenza da Mosca, passando dal 61% di forniture del periodo precedente alla guerra in Ucraina all’86% del 2024. Una rete consolidata di intermediari e strutture commerciali consentirebbe alle aziende russe di mantenere il controllo sul settore energetico ungherese. I profitti ottenuti, peraltro, non si riverberano sui clienti finali, visto che le entrate vengono usate dal Governo di Viktor Orbàn per colmare il deficit di bilancio. Budapest, d’altra parte, si difende tirando in causa il fatto che la politica energetica è una questione di competenza nazionale, e che le tensioni in Medio Oriente dovrebbero far passare in secondo piano l’intera operazione;
  • 🇦🇹 c’è poi la questione dell’Austria, che si mantiene su una posizione intermedia. Secondo Vienna, infatti, le forniture russe potranno riprendere una volta finita la guerra. Considerando che il conflitto si trascina da anni senza una soluzione in vista, parrebbe un approccio pragmatico ma quantomeno ottimistico.

Quali sono le soluzioni dell'Ue per i paesi contrari al phase out?

Per cercare di sbrogliare la matassa legata al rifiuto dei Paesi al phase out del gas russo, la Commissione europea potrebbe proporre di concedere ad Austria, Ungheria e Slovacchia un anno di tempo in più per rispettare le norme sui nuovi contratti gas con la Russia. Non saranno previsti però incentivi economici di alcun tipo, si è affrettato a sottolineare l'attuale commissario Ue per l’energia, Dan Jørgensen.

In attesa di capire come evolverà la questione e quali saranno le conseguenze per i clienti finali, è importante non farsi trovare impreparati e scegliere l’offerta luce e gas più adatta alle proprie esigenze. Telefonando al numero 02 9475 5339 02 9475 5339Fissando un appuntamento avrai modo di parlare con gli esperti di Selectra.net , che gratuitamente e senza impegno sapranno indirizzarti verso la scelta più vicina ai tuoi bisogni.

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